Sebbene fossero noti già da tempo gli effetti dell’esposizione al radon sulla salute, solo a partire dagli anni 90 sono state pubblicate alcune raccomandazioni da parte dell’ICRP International Commission on Radiological Protection nelle quali veniva richiesto agli Stati membri di produrre carte per delineare le zone a rischio radon. La pubblicazione n. 65 dell’ICRP, per esempio, affrontava il problema radon nei fabbricati (senza distinzione tra abitazioni e luoghi di lavoro) sulla base del rapporto UNSCEAR 1988 dell’UNSCEAR United Nations Scientific Committe on the Effect of Atomic Radiation.
Le disposizioni ICRP sono state recepite dalla Comunità Europea come Direttive Comunitarie, di cui alcune a loro volta sono state recepite in Italia con vari Decreti.
La Raccomandazione della Commissione Europea CEC 90/143/Euratom del 21.02.1990 tutela la popolazione contro l’esposizione al radon negli ambienti chiusi e raccomanda i livelli di riferimento di 400 Bq/m3 e 200 Bq/m3 rispettivamente per gli edifici esistenti e per quelli in fase di progettazione.
A differenza di altri paesi europei, l’Italia non ha ancora adottato norme particolari per i livelli di radon nelle abitazioni. Il problema radon risulta regolamentato solo nei luoghi di lavoro con i decreti:
- Decreto Legislativo n. 230 del 17.03.1995 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti e 2009/71/Euratom, in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari): stabilisce un livello di riferimento per l’esposizione al radon negli ambienti di lavoro pari a 500 Bq/m3;
- Decreto Legislativo n. 241 del 26.05.2000 (Attuazione della direttiva 96/29/Euratom in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti): stabilisce un livello di riferimento per l’esposizione al radon in ambienti di lavoro pari a 500 Bq/m3 e impone di individuare le attività lavorative a rischio radon e di eseguire i relativi controlli nelle aree che hanno elevata probabilità di alte concentrazioni di radon, che devono essere individuate dalle Regioni (radon prone areas);
- Decreto Legislativo n. 257 del 09.05.2001 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241, recante attuazione della direttiva 96/29/Euratom in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti): per la prima volta è introdotta la problematica di esposizione alle radiazioni di origine naturale (attività svolte in tunnel, grotte, e tutti i luoghi dove è possibile esposizione a radiazioni gamma e al radon; attività su aerei e depositi di stoccaggio).
Per garantire una uniforme applicazione delle norme sul territorio nazionale, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano ha approvato il 06.02.2003 le Linee guida per le misure di concentrazione di radon in aria nei luoghi di lavoro sotterranei.
La Conferenza Stato Regioni, nell’accordo del 27.09.2001, ha redatto le Linee guida per la tutela e promozione della salute negli ambienti confinati, che ha introdotto la necessità di predisporre un Piano Nazionale Radon (PNR) comprendente, fra l’altro, una proposta per la normativa di tutela dal radon negli ambienti di vita, le azioni di rimedio e di prevenzione per gli edifici, ed una regolamentazione dell’uso di particolari materiali da costruzione.
Nel 2002 il Ministero della Salute ha quindi istituito una commissione che ha predisposto il Piano Nazionale Radon, un documento strategico da attuare nell’ambito delle azioni previste dal Piano Sanitario Nazionale che affrontava il problema dell’esposizione al radon sotto molteplici punti di vista. Nel 2005, viene affidata la realizzazione del PNR all’ISS Istituto Superiore di Sanità. Le prime attività sono finanziate con un progetto del CCM Centro nazionale per il Controllo e la prevenzione delle Malattie.
Nel frattempo i principali organismi internazionali hanno emanato nuovi livelli di riferimento per limitare l’esposizione al radon nelle abitazioni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS-WHO), rivalutando i rischi attribuibili all’esposizione al radon, derivati da recenti studi epidemiologici, raccomanda un livello di riferimento compreso fra 100 e 300 Bq/m3 (WHO handbook on indoor radon, 2009). L’IRCP International Commission for Radiological Protection ha subito dopo raccomandato anch’essa un livello non superiore a 300 Bq/m3 (ICRP Statement on radon, 2009). Anche la IAEA International Atomic Energy Agency ha adottato un livello di 300 Bq/m3 nel documento International Basic Safety Standard pubblicato nel 2011.
Quando è superato il livello di riferimento per le abitazioni, i suddetti organismi internazionali raccomandano di realizzare interventi per ridurre la concentrazione di radon, ovvero di effettuare azioni di rimedio finalizzate a ridurre l’ingresso del radon nell’edificio e/o ad aumentare il ricambio dell’aria interna attraverso l’immissione di aria esterna (che contiene solitamente minime concentrazione di radon). Alla luce di questi recenti aggiornamenti dei fattori di rischio e dei livelli di concentrazione raccomandati, pertanto, la Raccomandazione 90/143/Euratom è da considerarsi ormai superata.
Sulla base di tali recenti raccomandazioni, il 17.01.2014 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la nuova Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, che abroga alcune precedenti direttive europee e nella quale, relativamente al radon, per la prima volta, vengono fissati i limiti di concentrazione di attività per la commercializzazione di materiali da costruzione, e vengono sollecitati piani di azione per le concentrazioni di gas radon nelle abitazioni. Diventa così obbligatorio, per tutti gli Stati dell’Unione Europea, dotarsi di un piano nazionale radon e predisporre le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla predetta Direttiva entro il termine ultimo del 06.02.2018. Nello specifico, la Direttiva 2013/59/Euratom stabilisce nuovi limiti per le concentrazioni di radon in aria in ambienti chiusi per gli individui della popolazione (abitazioni, edifici pubblici) e non solo per i lavoratori come accade attualmente (300 Bq/m3 come media annua per qualsiasi fonte di radon: suolo, materiali da costruzione, acqua).
Relativamente alle acque destinate ad uso potabile esiste la Raccomandazione della Commissione Europea 2001/928/Euratom del 20.12.2001, che consiglia di intraprendere delle azioni correttive nel caso in cui si superi un livello limite di 1000 Bq/l.